Confesso: scrivere ogni mese di innovazione retail senza cadere nei soliti cliché è come tentare di reinventare la ruota usando solo stuzzicadenti e nastro adesivo (buona idea per un teambuilding però!). Ogni volta mi ritrovo a combattere con l’eco di parole come “disruption”, “esperienza cliente” e “omnicanalità” e “AI” che rimbalzano in testa come una fastidiosa canzone pop che non riesci a dimenticare.
Oggi mentre fissavo gli scaffali del supermercato — quegli enormi, costosi, ingombranti scaffali pieni di prodotti — mi è venuta una provocazione. Aspetta, cosa succederebbe se li eliminassimo del tutto?
Il supermercato del futuro non venderà prodotti. Venderà l’illusione dei prodotti.
Pensateci. La GDO spende miliardi in real estate, energia, personale e logistica per… cosa esattamente? Per esporre merci che potrebbero essere consegnate direttamente dalle dark kitchens alle nostre case. È come se continuassimo a stampare enciclopedie nell’era di Wikipedia.
La verità scomoda è che amiamo l’esperienza d’acquisto più dei prodotti stessi. Il rituale, il teatro sociale, la caccia-raccolta simulata che ci fa sentire ancora primati evoluti. È terapeutico. È intrattenimento. È tutto tranne che efficiente.
Alcuni retailer l’hanno già capito. Il Concept Store di Samsung non vende nulla — ti fa solo giocare con i gadget. Apple ha trasformato i suoi negozi in “town square” dove comprare sembra quasi un ripensamento. Ma la GDO? Ancora ancorata al modello “riempi-scaffale-svuota-scaffale” degli anni ’50.
Immaginate invece:
Supermercati con cucine a vista dove chef preparano piatti che puoi assaggiare, personalizzare e ordinare per la consegna.
Zone sensoriali dove annusare profumi, testare cosmetici, toccare tessuti — ma senza l’ingombro dell’inventario.
I vantaggi? Devastanti. Zero sprechi alimentari. Riduzione drammatica dei costi immobiliari. Personalizzazione estrema. Meno furti. Logistica ottimizzata.
Ma c’è un problema — uno grande. Perdiamo l’impulso d’acquisto. Quel momento maConfesso: scrivere ogni mese di innovazione retail senza cadere nei soliti cliché è come tentare di reinventare la ruota usando solo stuzzicadenti e nastro adesivo (buona idea per un teambuilding però!). Ogni volta mi ritrovo a combattere con l’eco di parole come “disruption”, “esperienza cliente” e “omnicanalità” e “AI” che rimbalzano in testa come una fastidiosa canzone pop che non riesci a dimenticare.
Oggi mentre fissavo gli scaffali del supermercato — quegli enormi, costosi, ingombranti scaffali pieni di prodotti — mi è venuta una provocazione. Aspetta, cosa succederebbe se li eliminassimo del tutto?
Il supermercato del futuro non venderà prodotti. Venderà l’illusione dei prodotti.
Pensateci. La GDO spende miliardi in real estate, energia, personale e logistica per… cosa esattamente? Per esporre merci che potrebbero essere consegnate direttamente dalle dark kitchens alle nostre case. È come se continuassimo a stampare enciclopedie nell’era di Wikipedia.
La verità scomoda è che amiamo l’esperienza d’acquisto più dei prodotti stessi. Il rituale, il teatro sociale, la caccia-raccolta simulata che ci fa sentire ancora primati evoluti. È terapeutico. È intrattenimento. È tutto tranne che efficiente.
Alcuni retailer l’hanno già capito. Il Concept Store di Samsung non vende nulla — ti fa solo giocare con i gadget. Apple ha trasformato i suoi negozi in “town square” dove comprare sembra quasi un ripensamento. Ma la GDO? Ancora ancorata al modello “riempi-scaffale-svuota-scaffale” degli anni ’50.
Immaginate invece:
Supermercati con cucine a vista dove chef preparano piatti che puoi assaggiare, personalizzare e ordinare per la consegna.
Zone sensoriali dove annusare profumi, testare cosmetici, toccare tessuti — ma senza l’ingombro dell’inventario.
I vantaggi? Devastanti. Zero sprechi alimentari. Riduzione drammatica dei costi immobiliari. Personalizzazione estrema. Meno furti. Logistica ottimizzata.
Ma c’è un problema — uno grande. Perdiamo l’impulso d’acquisto. Quel momento magico in cui vedi qualcosa che non sapevi di volere finché non l’hai visto. Il capitalismo si nutre di quell’impulso come un vampiro assetato.
E c’è di più: il 94% dei consumatori dice di preferire l’esperienza fisica. Ma quando chiedi loro perché, le risposte sono vaghe. “Mi piace toccare la frutta.” Davvero? O è solo abitudine? O forse, più onestamente, è la paura di perdere un’altra interazione umana in un mondo sempre più digitale?
Mio padre, che ha 72 anni, va ancora al supermercato ogni giorno. Non perché ne abbia bisogno, ma perché è il suo rituale sociale. La cassiera lo conosce. Il macellaio gli tiene da parte i tagli migliori (o così dice). È la sua tribù.
OK, è una provocazione ed il mio pubblico sa meglio di me cosa vuol dire avere dei prodotti fisici a portata di mano del consumatore. Il gioco però mi è servito per ragionare sul tema.
Il futuro del retail non sarà quindi senza prodotti, ma potrebbe essere con meno prodotti e più teatro. Meno transazioni e più interazioni. Meno inventario e più immaginazione.
La GDO venderà non solo beni, ma esperienze — e la vera esperienza che tutti cerchiamo, ironicamente, è quella umana. O almeno spero.gico in cui vedi qualcosa che non sapevi di volere finché non l’hai visto. Il capitalismo si nutre di quell’impulso come un vampiro assetato.
E c’è di più: il 94% dei consumatori dice di preferire l’esperienza fisica. Ma quando chiedi loro perché, le risposte sono vaghe. “Mi piace toccare la frutta.” Davvero? O è solo abitudine? O forse, più onestamente, è la paura di perdere un’altra interazione umana in un mondo sempre più digitale?
Mio padre, che ha 72 anni, va ancora al supermercato ogni giorno. Non perché ne abbia bisogno, ma perché è il suo rituale sociale. La cassiera lo conosce. Il macellaio gli tiene da parte i tagli migliori (o così dice). È la sua tribù.
OK, è una provocazione ed il mio pubblico sa meglio di me cosa vuol dire avere dei prodotti fisici a portata di mano del consumatore. Il gioco però mi è servito per ragionare sul tema.
Il futuro del retail non sarà quindi senza prodotti, ma potrebbe essere con meno prodotti e più teatro. Meno transazioni e più interazioni. Meno inventario e più immaginazione.
La GDO venderà non solo beni, ma esperienze — e la vera esperienza che tutti cerchiamo, ironicamente, è quella umana. O almeno spero.