Una provocazione HR per le aziende della distribuzione?

Ricondizionato, usato, vintage: sono diventati i veri eroi del mercato dell’abbigliamento. Sono trend che hanno fatto presa, grazie all’interesse crescente dei consumatori per l’impatto ambientale e le finanze. Estendere la vita utile di un oggetto non è solo un risparmio, ma una dichiarazione contro lo spreco, l’eco-insensatezza della discarica e il danno ambientale causato dalla produzione e dalla spedizione di nuovi prodotti. Questa rivoluzione è guidata da brand che mettono al centro del loro business il ricondizionamento, soprattutto nei mondi della tecnologia e della moda.

Nonostante l’impennata degli acquisti responsabili e l’adesione a brand sostenibili, continuiamo a cadere nella trappola del fast fashion. È un vortice difficile da sconfiggere, regala vantaggi immediati ma nasconde danni considerevoli a livello ambientale, sociale ed economico. ‘Fast’ non riguarda solo la moda, ma è diventato sinonimo di come le aziende gestiscono le risorse. L’assunzione rapida di figure diventa una priorità, sacrificando la qualità della selezione e l’analisi delle alternative.

Nell’era dell’usa e getta, anche le risorse umane possono essere vittime di un approccio eticamente insostenibile, contribuendo a diffondere una cultura della flessibilità fuorviante. La velocità che caratterizza i mercati impone alle aziende una trasformazione continua. Quindi, ogni cambiamento dovrebbe essere affrontato come normale, non straordinario. Per rimanere competitivi, le imprese devono abbracciare la dinamicità e la flessibilità, sfide complesse soprattutto con l’espansione dimensionale.

Anche nel retail e nella GDO c’è bisogno di nuove competenze, la risposta automatica è cercare esternamente, acquisendo risorse che rispondano prontamente alle esigenze. Tra assumere chi già possiede le competenze desiderate e formare risorse interne, la scelta ricade spesso sulla prima opzione per la sua apparente rapidità e minore rischio di investimento. Ma spesso si trascura l’impatto finanziario e sociale di questa decisione, simile al fast fashion, un aspetto oscurato poiché non colpisce direttamente la capacità di generare profitti. Nel contesto aziendale, se le imprese trascurano lo sviluppo delle competenze dei propri dipendenti, rischiano di vedere declinare produttività e competitività nel lungo periodo.

Lo sviluppo di competenze e la flessibilità sono alimentati dal reskilling. Dal training on-the-job alle reti di mentoring, il reskilling mantiene le risorse competitive e migliora la loro autostima. Dall’altra parte, le aziende godono di un turnover ridotto, team più soddisfatti e una maggiore reattività nella gestione delle competenze necessarie.

In conclusione, proprio come Vinted ha ridefinito la moda sostenibile, un’azienda che abbraccia il reskilling ridefinisce la sostenibilità aziendale. È il momento di investire nelle risorse interne e di presentare al mondo il nuovo stile aziendale.