Due tecnologie che potrebbero trarre grande vantaggio dall’AI

Circa un anno e mezzo fa su queste colonne parlavo di assistenza clienti e di chatbot. Nel frattempo è esplosa la AI ed i sistemi conversazionali che potrebbero portare nuova vitalità a queste soluzioni. Per il momento non è così. Malgrado tantissimi retailer abbiano oggi qualche forma di chatbot online non è che i clienti adorino chattare con loro. Le statistiche d’uso sono ancora basse, e ancor più il grado di soddisfazione degli utilizzatori. Secondo una ricerca solo il 9% pensa che impattino positivamente la loro esperienza d’acquisto!

Il concetto non è che i chatbot siano inutili di per sé, oltre la metà degli intervistati pensa che lo possano essere, è che di fatto non lo sono, perché nella maggior parte dei casi faticano già a rispondere ai problemi dei clienti nella fast post-vendita. Nella fase di pre-vendita, dove indirizzare l’acquirente, risultano ancora meno efficaci. Non è raro incontrare sui social media conversazioni non-sense con i chatbot rilanciate spiritosamente dagli utenti.

I marchi che hanno a cuore l’esperienza di acquisto dei propri clienti stanno investendo tuttora sull’aspetto umano, ponendo persone a sviluppare relazioni e conversazioni significative. In alcuni casi il digitale è usato come mezzo per annullare le distanze, e fornire servizio da remoto, come nel caso di helpline su WhatsApp, social media o Messenger.

L’arrivo in produzione dell’intelligenza artificiale migliorerà le cose? Cambierà questa percezione? Forse. Se, e solo se, i chatbot forniranno davvero un vero valore aggiunto ai clienti, i quali però al momento guardano altrove.

Ci sono due settori in particolare, arredamento e cosmetica, dove la realtà virtuale ha applicazioni apprezzate dagli utenti. Nella cosmetica, e anche nell’accessoristica, per molti clienti può essere interessante provare un prodotto in maniera virtuale, su uno schermo. Cambiare gli occhiali da sole con un solo clic è più immediato, magari per la prima scelta, in modo da restringere la scelta su pochi modelli da provare poi fisicamente, qualcosa che negli USA esiste già da anni. Il vantaggio di testare un trucco digitalmente non ha bisogno di spiegazioni, inoltre l’assistente virtuale consente di imparare il modo migliore per farlo. Perché invece nell’abbigliamento non è ancora così diffusa la realtà virtuale? Sono due i fattori chiave: tecnologia e costi. Per quanto i passi avanti siano notevoli non ci sono ancora soluzioni veramente fluide ed efficaci per indossare un abito virtuale. In secondo luogo la realizzazione dei modelli 3D dei capi richiede tempo e denaro, due risorse oggettivamente limitate. Mentre l’innovazione potrà risolvere il primo ostacolo velocemente, ci vorrà più tempo per ridurre drasticamente costi e tempi della creazione dei modelli 3D, che devono tenere in considerazione anche il tessuto utilizzato, cosa che ha a che fare con lucentezza, vestibilità, elasticità, ecc…

Queste due sono anche le sfide da risolvere negli altri settori del retail per la realtà virtuale: trovare un applicazione che davvero serva ai clienti, avere un modello di costi accettabili, non solo per lo sviluppo della soluzione, ma anche per il mantenimento nel tempo.