Svegliamoci ad ascoltare i nostri clienti!

Ci siamo lasciati nell’articolo precedente con la domanda: cosa possiamo imparare dall’esperienza di Starbucks? In estrema sintesi la catena di Seattle, che da sempre ha incentrato la sua filosofia sull’essere il terzo luogo fra casa e lavoro, intercetta un forte desiderio take away e lancia negozi ottimizzati per quella clientela.

Innanzitutto la capacità di comprendere il comportamento dei propri clienti, anche da un punto di vista emotivo e soprattutto agire concretamente di conseguenza.

Partiamo dalla raccolta dei dati, sicuramente avranno dati analitici anche sofisticati, ma qui parliamo di osservare quanti clienti ordinano per un consumo in negozio e quanti no. Un’informazione relativamente semplice che qualunque attività può raccogliere, chiaramente non mi riferisco allo stesso identico dato, intendo dire che basta già tracciare grazie agli scontrini i comportamenti principali per fare un’analisi. Lo state già facendo? Lo scontrino della pizza margherita al tavolo è lo stesso di quella da asporto? Quello del supermercato mi dice quando è avvenuta la spesa, ed il suo valore medio? Ed in quest’ultimo caso la risposta è chiaramente sì. Nella maggior parte dei casi i dati salienti li abbiamo già, oppure basta poco per adattare il processo e raccoglierli nella maniera corretta, senza dover ricorrere a grossi investimenti tecnologici.

Il passaggio successivo è cercare le correlazioni, osservare cambiamenti significativi nel comportamento dei consumatori. Questi ultimi possono essere frutto della pandemia in corso, della digitalizzazione o semplicemente del possibile cambio del segmento di clienti di riferimento. Se era in atto un processo trasformativo delle abitudini dei consumatori il covid potrebbe averlo accelerato o esasperato.

Infine è il momento di passare all’azione ed eseguire una strategia che risponda al mutamento in corso. Non dobbiamo avere paura di ripensare anche le fondamenta del nostro posizionamento, come ci insegna il caso studiato. Starbucks ha investito anni ad offrire Wi-Fi gratuito, divani comodi dove per primo ad Uxbridge ho passato diverso tempo a lavorare o a leggere libri. Se oggi però una fetta di clientela vuole un’esperienza diversa bisogna ripensare la propria proposizione di mercato di conseguenza. Le domande da porsi sono quali prodotti o servizi chiede oggi la mia clientela e non sono in grado di offrire. Come posso migliorare l’esperienza di acquisto dei miei clienti, non solo in senso assoluto, ma anche perché vada nella direzione che vogliono loro? Come rendere la loro vita più semplice anche alla luce dei nuovi comportamenti che l’emergenza sanitaria ha portato nelle nostre vite?

Sono domande importanti, non impossibili, e possono essere lo spartiacque fra il successo futuro o rischiare di rimanere indietro e perdere un vantaggio competitivo. Bisogna rispondere ed attuare una strategia con la velocità ed il coraggio richiesto dai tempi, perché del doman non v’è certezza.