Il post-pandemia è già iniziato o no

Circa un anno fa, interrompevo le riflessioni sullo smartphone in negozio per ragionare sull’emergenza sanitaria e l’impatto sul retail. Dopo 12 mesi la situazione è cambiata, anche se non necessariamente migliorata. Quando finirà la pandemia? Nessuno può prevederlo, neanche gli esperti. Quando il commercio tornerà normale? Normale sarà “come prima”? Altri interrogativi a cui nessuno può dare risposta certa.

Ci sono alcuni dati che ci possono far ragionare. Ad esempio in alcuni paesi c’è ancora molto contagio anche se la campagna vaccinale procede di buon ritmo. Le varianti del virus pongono un’ulteriore incognita. È quindi probabile che nel breve e medio periodo rimarranno alcune misure igieniche per contenere la diffusione del virus. L’impatto sul retail? Le modalità di accesso ai negozi, la prevenzione di assembramenti, il riconoscimento dei sintomi sono i primi temi che vengono in mente. Ce ne sono molti altri, forse meno direttamente associati al commercio, ma altrettanto importanti. Lo smart-working ha spostato molte persone fuori dai grandi centri abitati, e ciò influisce ad esempio sulla ristorazione: la pausa pranzo avviene altrove e diversamente. Se anche riaprono bar e ristoranti, non è detto che i clienti di prima siano ancora in quel luogo. Similmente anche gli acquisti ne risentono: i negozi vicino agli uffici hanno ora meno passaggio di prima, mentre quelli locali si sono attrezzati per la consegna a domicilio. Rimarrà così anche dopo?

Le regole della logistica fanno pensare diversamente. È molto più efficiente distribuire le merci da pochi grandi centri organizzati che coprire capillarmente il territorio. È un aspetto importante, immune ai virus, che insieme alla forte urbanizzazione è alla base della precedente sofferenza dei commercianti delle aree meno cittadine. Sparite le limitazioni, o quantomeno fortemente allentate, tornerà inevitabilmente tutto come prima?

Molto difficile, per almeno due motivi di cui uno già citato: lo smart-working. L’altro è il cambio di abitudine dei consumatori. Prendiamo come riferimento una ricerca condotta negli Stati Uniti da McKinsey nel pieno boom del coronavirus. 3 su 4 consumatori hanno modificato il loro comportamento di acquisto. Le cinque risposte principali riguardano differenze ne: modo di acquisto (ad esempio order&collect), marche diverse, diversi negozi o siti e-commerce, uso di private label e transizione all’ordine online. Per ognuna di queste categorie alla domanda “pensa di mantenere questo nuovo comportamento anche quando l’emergenza sanitaria sarà passata?” le risposte positive oscillano fra il 73% e l’80%. Non è difficile crederci. Se il cliente si abitua a consultare le promozioni sul volantino digitale, o su una app che aggrega promozioni perché dovrebbe domani tornare alla carta?

Anche l’offerta si è adeguata e non tornerà indietro. I commercianti di prossimità si sono ingegnati a fornire servizi a valore aggiunto alla clientela locale, e questo li aiuterà in futuro a contrastare quella regola della logistica di cui parlavamo prima.