Ieri ero in una videochiamata con diverse persone ed uno dei partecipanti ha condiviso lo schermo per mostrare dei contenuti e sul desktop aveva un widget con degli indicatori di emozione (immagino fosse relativo ai partecipanti alla video stessa). Cosa riportava? Prima di dirvelo facciamo un passo indietro. Quando diversi anni fa su queste colonne avevamo parlato dell’uso delle telecamere in negozio, uno dei possibili casi futuribili era il rilevamento delle emozioni (c’erano già prototipi). Più recentemente (DMM 9/23) lo avevo menzionato nuovamente, anche se in quell’articolo il tema erano gli stili sociali dei clienti. La riunione di prima mi ha suscitato la domanda: “dove siamo oggi? L’AI, pervasiva ovunque, sta fornendo un accelerazione anche qui?”
Rilevazione di emozioni nel punto vendita.
Perché prima non ha funzionato? Siamo onesti: le vecchie tecnologie facevano un po’ pena. Con un’accuratezza tra il 75-85%, erano come un amico che indovina il vostro umore azzeccandoci una volta sì e una no. Poi c’erano i costi astronomici e la questione privacy – nessuno vuole sentirsi dire “Ehi, quella telecamera sta analizzando la tua faccia triste mentre guardi i prezzi!” E infine, il classico problema del ROI: “Ok, ma questi soldi torneranno indietro?” (il più importante direi).
Ora l’intelligenza artificiale potrebbe dare una bella svecchiata al settore! Con deep learning, computer vision e analisi vocale, l’AI riesce a capire molto meglio cosa proviamo. E non è tutto: una startup ha inventato un sistema basato su radar che rileva le emozioni analizzando i micro-movimenti del corpo senza bisogno di telecamere. Niente più privacy violata (ma sarà davvero così?).
In Italia, ad esempio Carrefour sta sperimentando la computer vision per migliorare i processi nei negozi. Niente a che vedere con le emozioni, ma è qualcosa in cui si usa la visione per raccogliere dati, e parliamo di un’insegna importante. In Europa ci sono già in essere sistemi che analizzano il tono della voce nelle chiamate di servizio clienti con lo scopo di tracciare il “sentiment”.
Torna però la domanda cosa ci faccio con le emozioni? Quale è il ROI? Un negozio che “capisce” quando siete frustrati, potrebbe mandare subito un commesso ad aiutarvi! O un layout del negozio ottimizzato in base alle reazioni emotive dei clienti. Se vi suona come ancora un po’ intangibile… forse perché lo è. In più non tutto è rose e fiori: c’è il grande tema dell’etica. Il GDPR non scherza quando si parla di dati personali, e le emozioni sono dati super-sensibili. Se poi nell’equazione ci mettiamo l’AI portiamo pure il rischio che gli algoritmi abbiano bias culturali o demografici.
In conclusione…è ancora difficile fare chiarezza. Nessuno vuole un negozio che ti manipola emotivamente! Se fatto bene, però, potremmo avere negozi che ci capiscono davvero e ci offrono esperienze su misura. E chi non vorrebbe un po’ più di comprensione al giorno d’oggi?
Ah e l’indicatore famoso sul desktop in quella riunione? Era tutto a 0, forse non funzionava (o forse non era collegato).