Nel lontano 2012 nasceva il Retail Club, oggi Digital Club / Retail, come iniziativa per aiutare i retailer italiani ad abbracciare la digitalizzazione. C’era un vuoto da colmare fra un mondo digitale vulcanico il cui orizzonte si confondeva fra rivoluzione, pericolo o opportunità. Nuovi pardadigmi e nuove parole prendevano piede: omni-canalità, customer journey, pure player fra le molteplici. Nuove soluzioni tecnologiche nascevano continuamente con un’aura di futuro promesso con un presente però spesso assente (inteso come applicazione produttiva nel mondo reale). I paladini di questa ondata innovativa spingevano sull’acceleratore minimizzando i fattori critici fra cui due principali: l’impatto sui processi e l’organizzazione ed il supporto dell’infrastruttura tecnologica. Come aiutare i retailer a districarsi in questo scenario?

Ricordo chiaramente il primo incontro, avviato con trepidazione e molti dubbi da parte nostra. Non era chiaro bene neanche a noi come dare valore a questa filiera e soprattutto portare contributi concreti con una discussione costruttiva. Il secondo andò già meglio, avendo questa volta come faro guida una testimonianza concreta di un leader nella grande distribuzione organizzata. Fu subito chiaro come l’esperienza di prima mano poteva e doveva essere il punto focale su cui articolare il confronto con gli altri partecipanti. Quelle difficoltà a volte nascoste o trascurate venivano così alla luce a beneficio della comunità. “I pazzi aprono le strade che poi percorrono i savi”, la citazione di Carlo Dossi è sicuramente limitativa, solo un angolazione di quello che il Retail Club doveva mettere sul piatto (la stessa frase verrà poi usata qualche anno dopo in un confronto a tema Proximity marketing).

Al terzo round provammo un incontro specifico dedicato solo al mondo fashion capendo quello che oggi ci sembra quasi banale, ovvero che alcuni temi erano trasversali al mondo retail, altri assai specifico di un comparto fino a visioni diametralmente opposte. La strada era tracciata: capire cosa e come della trasformazione digitale andasse applicato nel mondo del commercio. Nel corso degli anni abbiamo toccato temi più tecnologici (uso degli strumenti video, beacon, tavoli e chioschi interattivi, ecc..), temi più concettuali (brand experience, ruolo del punto vendita, arricchimento dell’esperienza cliente) fino a quelli più operativi (dai pagamenti al check-out alla supply chain).

Dopo 6 anni c’è ancora bisogno di ciò? A che punto siamo con questo processo trasformativo? Durante un recente store-tour è emerso chiaramente che se solo un anno fa molti erano ancora alla finestra valutando le possibili opportunità ed alternative oggi quasi tutti sono in moto. I leader aprono (trasformano) i loro negozi di punta (flagship) per offrire esperienze uniche ai loro clienti con ricaduta sul brand e su tutti i loro canali di vendita. Altri sperimentano forme diverse coerenti con i loro modelli di business, per molti in qualche modo entra in gioco il tema della spedizione a domicilio dei prodotti collegata all’online o al negozio stesso.

Tutti corrono a raccogliere dati sui proprio clienti e ancora più importante sui potenziali tali.

Per il Retail Club prendere atto vuol dire non chiedersi più “se”, ma “come”, dedicando più attenzione a quelle innovazioni digitali comprovate. Sarà dunque questo il nostro nuovo faro? Ci interroghiamo su dove guidare oggi il Retail Club, i tempi sono cambiati e anche noi dobbiamo mutare. Lo chiediamo quindi a voi retailer, come possiamo continuare a darvi valore? Quali temi e con quale approccio dobbiamo toccare? La mia mail (n.d.a. paolo@retailclub.it) è in totale ascolto per mantenere la comunità viva e rilevante.

In attesa di ricevere i vostri spunti rimane il capo-saldo del confronto su chi in prima persona ha avviato quel percorso ed oggi misura già i risultati. Questa è in fondo la cifra del cambiamento di questi 6 anni. All’inizio il dibattito verteva soprattutto sulle criticità oggi il dibattito è spostato su KPI e ROI. Insomma anche noi da pazzi oggi siamo più savi.