Comunicazione nel punto vendita, pubblicità e processi di acquisto. Cosa cambia?

Da tanti anni ormai, dall’esplosione dell’e-commerce, tanti pensano che il punto vendita sia destinato a diventare lo showroom per le vendite di qualcun altro. Provo le scarpe in negozio e poi le compro on-line perché costano meno. Questo timore, anche di diversi retailer, è però infondato. I dati di mercato mostrano che non è così: i punti vendita funzionano e hanno un brillante futuro, se si implementa la strategia corretta.

Va ripensato il ruolo dello spazio fisico, non in antitesi all’e-commerce, piuttosto quale luogo di conversione della strategia di branding e di supporto agli altri canali di vendita. Il punto vendita ha una serie di peculiarità diverse da quelle dei negozi on-line. Chiaramente devono essere valorizzate, altrimenti si riduce ad una battaglia di puro prezzo dove è più facile soccombere. In quel caso davvero il negozio può diventare il punto di partenza per una vendita di commercio elettronico. Se il punto vendita è di proprietà del produttore probabilmente vi è solo una riduzione del margine, se invece sono disgiunti il negozio perde l’intera vendita.

Come detto il retail fisico non deve cercare di combattere l’online sul territorio di quest’ultimo, ma in maniera diversa e nel caso di aziende che hanno entrambi i canali il rapporto deve essere complementare. Non a caso il più grande retailer del mondo, WalMart, sta crescendo del 30% le proprie vendite online sfruttando la propria presenza fisica in diversa modalità, incluso il click & collect.

L’omni-canalità del resto è un concetto che si vede solo dal lato di chi vende. I clienti non percepiscono una distinzione netta dei canali e sono loro stessi a spingere l’uso del digitale – soprattutto mobile – per raccogliere informazioni sui prodotti, prima, durante e dopo l’acquisto.

Questo aspetto dell’informazione sui prodotti si può osservare anche da un’altra angolazione: l’advertising. La pubblicità tradizionale è in calo continuo, sia perché erosa da quella online (Google e Facebook dominano in maniera assoluta questo mercato), sia perché i clienti vogliono oggi un tipo di informazione diversa. Cresce la domanda di contenuti (informazioni, recensioni, tutorial, idee d’uso, ecc…) non solo on-line, anche all’interno del negozio.

Per soddisfare questa necessità i consumatori oggi usano l’oggetto simbolo della nostra era: lo smartphone. Il quale è fonte di una delle altre grandi paure dei negozianti, visto soprattutto come strumento per cercare online un prezzo più basso. Una ricerca di L2 mostra però dati differenti.

Nel loro studio si è misurato il tasso di conversione in 4 scenari: in assenza di uso del digitale da parte del potenziale cliente, con utilizzo digitale prima di andare in negozio, solo in negozio, ed infine sia prima che in negozio. I risultati sono particolarmente interessanti. Nel primo caso, cioè senza smartphone o tablet il tasso di vendita è al 61%, quando viene utilizzato prima dell’ingresso nel punto vendita sale al 73%. Ancora più alto, il 78% se la fruizione avviene all’interno del negozio ed infine aumenta all’86% nell’ultimo caso. Quindi quando il consumatore ha la possibilità di accedere a contenuti digitali prima e durante la visita dello store le vendite aumentano del 40%!! Fornire contenuti digitali di qualità è la strada da seguire, a patto che siano parte integrante del percorso di vendita. Serve definire una strategia che coinvolga il management, la struttura di retail, il digital marketing e il customer care.

È quindi completamente infondato il timore del negozio showroom? No, però se il delta di prezzo fra il prodotto in negozio e quello on-line è sostanziale il problema sta altrove, e la mancata vendita non è strettamente imputabile all’uso dello smartphone nel negozio. Al contrario, se la differenza di prezzo è minima questa può diventare la motivazione finale all’acquisto sul momento.

I brand più lungimiranti pianificano l’interazione digitale all’interno del punto vendita. All’ultimo Retail Club Autogrill ha illustrato parte della sua strategia digitale (incluso il pagamento con wallet) mostrando come i risultati stiano premiando gli sforzi fatti in tale direzione.

La ristorazione non è certo l’unico esempio, una importante catena della grande distribuzione specializzata sarà ospite del prossimo Retail Club per raccontare come l’uso del digitale sia importante anche per mantenere la relazione con il cliente nell’arco temporale fra una visita e l’altra.

In conclusione oggi i clienti hanno diversi modi di interagire con un marchio e si aspettano di poterlo fare nel momento e nel luogo a loro congeniale. In questo la tecnologia digitale è strumentale poiché abbatte le barriere fisiche e di tempo. E-commerce e digital marketing sono oggi fattori vitali in un processo d’acquisto, ma non gli unici. Ce ne sono diversi altri peculiari dello store. Ad esempio l’esperienza sensoriale all’interno del negozio già dibattuta nella primavera del 2014 durante un incontro titolato “Il punto vendita come teatro della marca”.

Digitale e negozio fisico sono la combinazione vincente, se abbiamo visto WalMart espandersi on-line, lo stesso vale per i player dell’e-commerce. Qualche settimana fa Amazon ha acquisito la catena Whole Food. È assai probabile che in questa retail revolution il pure play (solo store o solo e-commerce) sia destinato ad estinguersi in favore di modelli misti.